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Definizione

COS'È?

Cos’è la radicalizzazione che porta alla violenza?

È un processo in base al quale delle persone adottano un sistema di credenze estreme – compreso il desiderio di usare, incoraggiare o facilitare la violenza – al fine di fare trionfare un’ ideologia, un progetto politico o una causa come mezzo di trasformazione sociale.

Queste credenze hanno un’origine multifattoriale, sono l’esito di processi individuali e sociali. Possono insorgere e radicalizzarsi in risposta a povertà, discriminazioni e condizioni materiali disagiate ma anche all’interno di percorsi di vita non necessariamente di marginalità o povertà educativa. L’insorgere di credenze radicali non genera necessariamente comportamenti o azioni violente ed è proprio per questo motivo che è possibile intervenire già in fase preventiva con azioni psico-socio-educative.

La radicalizzazione che porta alla violenza è solitamente comprensibile se letta come una progressione su tre livelli:

  • L'adozione di un'ideologia

    Un impegno diventa lo scopo della propria vita, orienta la propria azione e condiziona il significato complessivo che un individuo attribuisce alle cose.

  • L'adozione e la giustificazione della violenza come mezzo

    Essere convinti che la strada migliore per sostenere una causa sia quella di utilizzare mezzi violenti.

  • L'interazione dell'idea con l'azione

    Non distinguere più il piano dell’impegno con il mezzo, vivere nella prospettiva ideologica attraverso una progettualità finalizzata a produrre azioni violente contro cose o persone.

COS'È LA MICRO-RADICALIZZAZIONE

Spesso il termine radicalizzazione viene associato ai fenomeni terroristici. Il CeSPRA non si occupa di prevenzione dei fenomeni terroristici. Il focus delle ricerche e delle azioni di formazione sono orientate verso i fenomeni di micro-radicalizzazione. La micro-radicalizzazione è l’esito di processi di educazione informali che supportano l’adozione di pensieri precritici e impermeabili al confronto dialettico (Mezirow, 1991). 

  • Precritici perché ritenuti così fondati da non permettere che diventino oggetto di riflessione.
  • Impermeabili al confronto perché collocati fuori dall’esperienza e dalla relazione.

Storie di micro-radicalizzazione

Un uomo di quarant’anni perde il lavoro nell’azienda dove ha lavorato da quando aveva terminato gli studi. Il lavoro era una parte importante della sua vita e la principale fonte di reddito. Non ha o non riesce ad avere i sostegni adeguati dal welfare e non capisce come “riciclarsi nel mondo del lavoro”.

L’uomo sviluppa un senso di ingiustizia e impotenza ma”per fortuna” incontra un gruppo di colleghi/e molto politicizzati, che individuano una causa precisa, il capitalismo e il globalismo economico. L’uomo trova un suo spazio e le sue frustrazioni diventano lì dentro dei valori da preservare, per i quali vale la pena manifestare.

L’uomo si appassiona e legge molto in questo periodo, testi che validano le sue idee, quelli che gli suggeriscono gli amici di avventura e che “finalmente dicono le cose come stanno”.

La sfida dell’uomo adesso è progettare azioni per una causa più grande, di cui lui è uno dei protagonisti. Decide così di fare cortei, ma vede che nulla ancora cambia. Il suo lavoro non tornerà e le parole non gli sono più sufficienti. Per fortuna però ritrova stabilità condividendo un progetto con alcuni colleghi “arrabbiati contro questo sistema”. Colpire con azioni concrete simboli locali dell’oppressore, di chi lo rappresenta.

L’impegno aumenta, c’è bisogno di pensare ad un piano dettagliato e si mette in campo tutta la razionalità e l’ingegno possibile, la causa è buona. Questo piccolo gruppetto si dà un nome e dà ritmo alle riunioni, che si svolgono in sedi separate dagli altri. “Loro sono a chiacchierare”, dicono, pur sapendo che in definitiva, tutti conoscono quello a cui stanno pensando. Sono coperti da un senso diffuso del tipo “vedo e non vedo” e poi, come qualcuno ha detto “non sono dei violenti, sono delle persone giustamente incazzate”.

Finalmente la manifestazione di categoria. Prendono di mira degli esercizi commerciali, si azzuffano con alcuni manifestanti che tentano di ostacolarli terminando infine a rendicontare l’accaduto nella vicina questura. Tutto finisce con una denuncia e un processo. Adesso quell’uomo è ad un bivio e non è certo che possa avere gli strumenti per scegliere. Da un lato il gruppo di amici gli ha restituito un’identità e gli legittima una dignità, che lui aveva perso con il suo lavoro. Dall’altro fare un passo ulteriore potrebbe significare varcare quella linea che lo etichetterebbe probabilmente per sempre dal punto di vista giudiziario. Per come ha condotto la sua vita negli ultimi anni, sembra più facile continuare e perseguire la sua mission. Perché fermarsi? “Che cosa ho da perdere e guadagnare? Ora sono per tutti dalla parte sbagliata e non vedo nessuna via di ritorno…e il sistema è ingiusto”.

 

Esperienza 1

La micro-radicalizzazione ha inizio quando un dilemma della vita quotidiana provoca un disorientamento che non genera una domanda di apprendimento (Le idee che utilizzo mi permettono di comprendere ciò che sto vivendo? Posso imparare qualcosa da questa esperienza? Come posso trasformare questa situazione ambigua, contraddittoria o imbarazzante in una esperienza di crescita?).

 

Esperienza 2

La micro-radicalizzazione conduce alla ricerca di una risposta stigmatizzata, intimidatoria o pseudo-razionale. La persona restringe e semplifica la descrizione del fenomeno e lo caratterizza con una parola, un’idea, un’ideologia, un motto.

 

Esperienza 3

La micro-radicalizzazione si allarga a un gruppo ristretto di persone che condividono un’idea e sono rassicurate dal fatto che molte altre persone ne condividerebbero l’impegno.

 

Esperienza 4

Il pensiero radicale che questo gruppo condivide si trasforma da un sentimento o idea individuale, a una chiave di lettura che permette di leggere tutta l’esperienza. 

 

Esperienza 5

Questa chiave di lettura diventa il criterio per progettare azioni, per organizzare misure di intervento.

 

Esperienza 6

Le misure di intervento si trasformano in azioni guidate e progettate in segreto, ma con la complicità di qualcuno, che dall’esterno, fornisce materialmente o psicologicamente un senso di protezione e di supporto

 

Esperienza 7

Le azioni possono diventare violente contro cose o persone.

BREVI CENNI STORICI DEL COSTRUTTO

In ambito educativo, molti teorici hanno spostato il focus dalla lettura macro a quella micro, che raccoglie ed analizza esperienze del quotidiano, dove possono insorgere forme più miti di radicalizzazione, come processi di sviluppo di credenze, emozioni e comportamenti estremi, che possono essere espressi anche in azioni non violente.

Il costrutto nasce all’incrocio di diverse prospettive di ricerca: le ricerche sui processi di radicalizzazione violenta, sulla prevenzione e il contrasto (P/CVR) e le ricerche sull’Adult education. Lo studio della micro-radicalizzazione diventa rilevante per comprendere sia il perché che il come le persone arrivino a creare delle barriere nelle proprie vite e a polarizzare i propri punti di vista tanto da non permettere più un contatto o una dialettica con persone o comunità che esprimono una forma di diversità culturale, politica, religiosa, ideologica.

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